Previsioni. Gli analisti si attendono un’altra flessione delle compravendite, ma prezzi al metro quadro e canoni continueranno a salire, soprattutto sul nuovo e nei dieci centri maggiori. Bassa l’offerta di qualità.
Si comprerà meno. Meno mutui e meno case (almeno sino a quando il costo del denaro non alerà, ovvero la Bce non abbasserà i tassi). Ma chi si aspettava che con l’anno nuovo e i molti mesi di impennata di tassi e costi, sarebbe arrivato anche il repricing, cioè la revisione al ribasso dei prezzi, per mutui e canoni, resterà deluso. Secondo le stime di Scenari Immobiliari, nei 2024, in Italia, i prezzi medi al metro quadro cresceranno del 3,5% e quelli dei canoni del 3,2%. Con incrementi, per le compravendite, nei principali capoluoghi esaminati, che vanno dal 4% di Genova e Bologna a oltre il 6 per cento di Milano. E variazioni in aumento anche per le locazioni che arrivano al 6% a Roma e Milano.
«Resteremo un mercato stabile. A differenza di quanto accaduto in Europa, negli ultimi dieci anni – ha spiegato Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari – i prezzi medi reali delle case, in Italia, sono calati del 10 per cento. Se prendiamo le serie storiche, dal 2000, in Europa i prezzi medi reali sono cresciuti, mediamente del 30% e in Italia sono crollati del 15 per cento. Noi non ce ne siamo accorti, ma il repricing, di fatto, lo abbiamo già avuto, in un Paese che invecchia, non si sposa e non fa figli. Poi, ci sono alcuni capoluoghi – tra cui Roma, Milano, Bologna, Firenze, Venezia, Napoli- che attraggono lavoratori, studenti e turisti e su cui si concentra un eccesso di domanda rispetto all’offerta che contribuisce a spingere in alto i valori».
Anche perché, dopo il picco di compravendite del 2022 (780mila circa, e quest’anno saranno 100 mila di meno), l’offerta sul mercato è molto diminuita. «Si costruiva poco prima e, coi prezzi delle materie prime e i costi di costruzione attuali, si costruisce anche meno adesso. Le case nuove, “appetibili”, in linea con le esigenze della vita contemporanea — spiega ancora Breglia – non ci sono. Ristrutturare il vecchio ha costi importanti e spesso non convenienti rispetto al valore reale dell’immobile. Allora, si aspetta, si va in affitto e si contribuisce a premere su una domanda già inflazionata di studenti, giovani lavoratori, turisti, stranieri che non possono o non vogliono acquistare. In questo quadro, i prezzi non possono scendere».
«In termini di numero di compravendite – ha aggiunto Antonio Intini, chief business officer di mmobiliare.it – sappiamo che il 2023 e il 2024 rimarranno distanti dalle performance record del 2022 e l’andamento tornerà a un ritmo regolare, quello che avrebbe mantenuto senza la crisi Covid. È vero anche che le dinamiche di prezzo sono lente a reagire ed è per questo che le previsioni non dipingono un 2024 di prezzi in discesa. Va detto – ha detto ancora Intini – che l’ascesa dei tassi dei mutui e la corsa dell’inflazione hanno ridimensionato le intenzioni e la capacità d’acquisto degli italiani, spostando una fetta di domanda verso la locazione, un mercato che potrebbe veder salire i prezzi in risposta a un aumento dell’interesse».
«Dopo la pandemia è cambiata la domanda, con la ricerca di una casa più confortevole, la stanza in più per lo smart working, gli hobby o il lavoro domestico, gli spazi verdi – ha spiegato Enzo Albanese, fondatore di Idee Urbane. Sul fronte offerta, tuttavia, l’aumento dei costi dei finanziamenti e dei materiali di costruzione hanno avuto due effetti: gran parte della domanda, semplicemente, non può permettersi il nuovo o di aumentare i mq. Inoltre, alcune imprese che hanno già ottenuto i titoli per edificare hanno rinviato l’avvio dei lavori. Il risultato – ha concluso Albanese – è che sul mercato c’è un’offerta limitata di immobili di qualità, a fronte di una domanda abitativa ancora elevata, per cui i prezzi del nuovo continuano a crescere».
Una risposta può arrivare, secondo Emiliano Di Bartolo, ceo di Rent, anche con «una più ampia diffusione del build to rent, ovvero dell’affitto gestito da grandi società, non solo per un target di lusso. Il mercato deve proprio venire incontro, con servizi e digitalizzazione, a una clientela media. Con questi obiettivi DB, la holding della famiglia Di Bartolo, azionista tra i principali azionisti della società quotata Gabetti Property Solutions Spa, è entrata in Aurum Spa. «Puntiamo – ha concluso Di Bartolo – a costruire un fondo da 200 milioni per arrivare ad avere almeno 400 unità in build to rent entro il 2026 soprattutto a Roma e Milano».