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Immobiliare, i grandi centri urbani ritrovano l’appeal nel post Covid

Per Immobiliare.it dopo la pandemia cresce la disparità tra città che catalizzano studenti, lavoratori e stranieri e realtà meno attraenti. Gabetti: transazioni sopra la media nonostante i tassi

I prezzi delle case, nelle città, crescono o calano? Forse, è meglio dire il mercato si polarizza, tra valori minimi e massimi che divergono sempre di più, ma soprattutto tra le città che attraggono (studenti, lavoratori, stranieri) e quelle che progressivamente perdono parte di questo potenziale, che poi si riverbera sull’impegno (o meno) a investire in quel caposaldo che la casa ancora rappresenta.

L’andamento dei prezzi

A offrire spunti di riflessione è l’ultima rilevazione di Immobiliare.it – che il Sole 24Ore anticipa – sui prezzi medi al mq delle principali città italiane a giugno 2023, rispetto a sei e 12 mesi prima e a marzo 2020 (praticamente l’ultimo dato pre-Covid). Quello che emerge – sul dato medio – è che, non solo nell’ultimo semestre e anno, a tassi d’interesse già cresciuti, mutui in contrazione e inflazione galoppante, i prezzi (a parte Roma e qualche dato stabile) sono tutti saliti. Ma che l’incremento da marzo 2020 (anche qui, tranne i dati negativi di Venezia e Catania) è stato in qualche caso anche a due cifre e comunque sostanzioso.

La parte del leone – per incrementi e prezzo al mq – la fa come sempre Milano (5.252 euro al mq, in crescita a sei e 12 mesi, rispettivamente, del 2 e 3,6%, ma da marzo 2020 di oltre il 15 per cento). Bene anche Bologna (3.374 euro al mq, +3,4%, 6,2% e dal 2020 un salto dell’11,5%) e soprattutto Verona (2.492 euro al mq, +2,7%, 5,5% e dal 2020 +12,5 per cento). Ci sono città che poi si collocano su una fascia mediana, come Torino (1.912 euro al mq, +0,4%, +0,6%, +7,5%) e Bari (1.958 euro al mq, +3%, +4,4% e +6,5 per cento).

Infine, colpiscono i dati di Venezia (3.016 euro al mq, +1,9% negli ultimi sei mesi e +2,8% negli ultimi 12 ma in calo del 6,3% rispetto a marzo 2020) e Catania (1.221 euro al mq, +0,2%, +1,7% e -6,7% rispetto a tre anni fa).

«Da quest’analisi – ha spiegato Antonio Intini, chief business officer di Immobiliare.it – possiamo dividere le città esaminate in tre macro-categorie. Le “non impattate dal Covid”: sono Milano, Bologna, Verona. Con valori sostenuti già 2-3 anni prima della pandemia, non sono state scalfite dall’emergenza sanitaria. Seguono le “risvegliate”. Si tratta di Roma, Torino, Bari, Firenze, Napoli, Genova e Catania. Pur diverse tra loro per caratteristiche e attrattività, avevano subito un deprezzamento pre-pandemia, ma oggi sono in ripresa. Più veloce Roma, più lente Napoli e Catania. A Bari, negli ultimi anni, gli acquisti sono raddoppiati». Infine, ha concluso Intini, «c’è Venezia, dove il mercato mostra una ripresa solo nell’ultimo anno. Per quanto riguarda i prezzi, il proprietario immobiliare, in Italia, è un “cassettista”. Nessuno vuole svalutare il proprio bene e molti sono disposti ad aspettare per vendere. I prezzi quindi non scendono nell’immediato».

Transazioni sopra la media

Non solo i prezzi, in questi anni, sono cresciuti. Anche le compravendite sono, ancora oggi, sopra la media dei secondi semestri degli ultimi dieci anni. Come fanno notare gli analisti di Gabetti: «I dati del secondo trimestre 2023, pubblicati dall’agenzia delle Entrate, mostrano un andamento delle compravendite residenziali in contrazione sullo stesso periodo 2022. A livello nazionale, nel secondo trimestre 2023, si sono realizzate 184.110 transazioni, -16% rispetto allo stesso periodo del 2022. Le compravendite diminuiscono maggiormente nei comuni capoluogo (-17,2%) rispetto ai non capoluoghi (-15,4 per cento). Tuttavia, se si considera l’andamento del secondo trimestre degli ultimi dieci anni, la fotografia cambia. Rispetto alla media delle compravendite dell’ultimo decennio, pari a 149.521 (il numero delle transazioni normalizzate), il secondo trimestre di quest’anno con 184.110 unità passate di mano è in crescita del 23% e si posiziona al terzo posto, subito dopo i trimestri record del 2021 e 2022, figli della fiammata post lockdown».

Secondo gli analisti di Gabetti, ciò dimostra che l’aumento dei tassi di interesse, principale
ragione che ha frenato l’attività di compravendita rispetto al 2022, è compensato da una
domanda di immobili ancora elevata.

«Ormai il mercato residenziale non è più uno solo, ma è polarizzato anche all’interno di uno stesso segmento – ha sottolineato Enzo Albanese, founder di Idee Urbane, società di property e asset management –. La fascia medio-alta dell’offerta di mercato, nei centri città, poco o per nulla dipendente dai mutui, spesso sostenuta da un’ampia disponibilità di domanda straniera continua a crescere. Rallenta la corsa ma non si ferma. Semmai, si fa più selettiva. E la mancanza di prodotto di alto livello ne sostiene i valori. Diversa è la situazione sul mercato di fascia medio-bassa. Nel primo semestre 2023 i mutui erogati sono calati dal 40 per cento. Le transazioni sono scese del 25 per cento. Il boom delle compravendite post-Covid era determinato non dal lusso, ma da un’accelerazione dal basso. Che con i tassi attuali è venuta meno. Per un cambio di passo bisognerà attendere il 2025». Poi, ha concluso Albanese, «c’è il tema dell’edilizia sociale convenzionata, su cui non si è spinto abbastanza quando costruire costava meno (oggi non si riesce a meno di 2- 3mila euro al mq). Non assorbe nè le fasce fragili ma nemmeno le famiglie del ceto medio, in crescita, che con redditi tra i 1.500 e i 3mila euro non riescono né ad accedere a un mutuo né a sostenere gli affitti di mercato».