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Tra il rialzo dei tassi e la stretta al credito il mercato immobiliare ora sente la crisi

Un lato l’inflazione, che ha corroso il reddito disponibile delle famiglie spingendole a rimandare acquisti importanti come quello della casa, dall’altro l’aumento dei tassi di interesse e la stretta sul credito da parte delle banche per evitare insolvenze. Il settore immobiliare nel 2023 ha subito una netta battuta d’arresto, in particolare nell’ambito abitativo mentre il comparto economico ha “tenuto”; e le prospettive per l’anno appena iniziato sono incerte. A testimoniarlo i dati diffusi ieri dall’Istat relativi al secondo trimestre del 2023 che si è chiuso con 235mila compravendite: il 4,1% in meno rispetto al trimestre precedente ma ben il 16% in meno rispetto allo stesso periodo del 2022 (dato quest’ultimo però non destagionalizzato). Se si prende in considerazione il semestre gennaio-giugno rispetto all’anno precedente la contrazione si attesta sul 13,7%. Un andamento negativo che ha dimensioni diverse a seconda delle aree geografiche. A sorpresa è maggiore al Nord-Ovest, con un -19,3%, e al Centro (-17%), assai più lieve nelle Isole con un calo del 5,2%. Nord-Est e Sud sono al di sotto della media nazionale rispettivamente con 1’11,1 e il 10,2%.  Situazione analoga a livello territoriale per i mutui, che si sono ridotti di un terzo (-33.3% rispetto al primo semestre del 2022), assestandosi su quota 152mila.

Quelli dell’Istat sono dati in linea con le previsioni fatte dagli analisti. «Per il 2023 prevediamo un calo dal 10 al 15%, si tratta di una contrazione elevata ma dobbiamo considerare che il 2022 è stato un anno dei record, di fatto il migliore dal 2008» sottolinea Enzo Albanese, fondatore di IdeeUrbane, società di property e asset management. Dopo la pandemia la ricerca di case più grandi e confortevoli e i tassi particolarmente convenienti hanno fatto esplodere il mercato, favorendo gli acquisti anche da parte degli under 30. Nel 2023 il contesto geo-politico ha prodotto un vero e proprio cortocircuito con l’inflazione alle stelle e il rialzo dei tassi di interesse dettato da Fed e Bce. «Nella seconda parte dell’anno c’è stato un leggero allentamento dei tassi fissi a lungo termine, i più attrattivi per il privato – sottolinea Albanese – l’Irs è sceso di un punto e mezzo, mentre i tassi variabili sono ancora alti e per il settore corporate questo rappresenta un problema. Il fatto che la Fed non abbia tagliato i tassi lascia pensare che anche la Bce rinvierà questa decisione. Il 2024 sarà un anno ancora “riflessivo, con un calo delle transazioni del 10%. Potrebbe muoversi qualcosa nella seconda parte dell’anno».

Il vero problema, più dell’aumento dei tassi che sono ancora a livelli accettabili, è la perdita di potere d’acquisto, che in due anni è stata quasi del 30% con gli stipendi rimasti fermi, e il conseguente crollo dei mutui. «Il mercato è sempre più polarizzato – continua Albanese – a fronte di un 40% di acquirenti che non necessità di ricorrere ad un prestito e quindi non ha smesso di comprare immobili, c’è un altro 60% che ha redditi medio-bassi e non riesce più ad accedere al mutuo». Nonostante il crollo delle vendite però i prezzi rimarranno stabili. «In media servono almeno dodici mesi prima che la contrazione delle compravendite produca un effetto anche minimo sui prezzi. Giù nell’autunno del 2022 abbiamo avuto le prime avvisaglie con un calo delle transazioni rispetto al passato a Milano, che da sempre è la città che anticipa i trend. Nel corso del 2023 questo fenomeno si è accentuato e continuerà ancora almeno sino al prossimo autunno».

Sono i tempi per chiudere una compravendita che iniziano ad allungarsi, con le offerte sui portali specializzati che si moltiplicano. «Registriamo tempi più lunghi per concretizzare la vendita e questo potrebbe portare ad uno sconto in fase di trattativa – aggiunge il ceo di IdeeUrbane – una tendenza valida però solo per l’usato perché per quanto riguarda il nuovo i prezzi sono destinati a crescere in maniera sensibile». Il motivo è semplice: se nel 2012 il 22% delle case vendute era di nuova costruzione oggi questa percentuale è scesa all’8%. Le case nuove sono sempre meno e hanno un maggiore appeal anche nell’ottica delle certificazioni energetiche.

Milano continuerà ad essere la città più cara: l’inversione di rotta sembra un miraggio. Semmai secondo Albanese si farà strada un nuovo modo di abitare in città, con case più piccole nell’ottica di fuggire altrove per metà settimana. Un trend emergente, partito ancora una volta dalla metropoli lombarda, quello della “seconda prima casa”: un’abitazione al massimo a due ore di distanza, facilmente raggiungibile e non in un luogo di villeggiatura, dove trascorrere buona parte del proprio tempo tra smartworking e relax.